Aisha (un frammento d'Africa)
di Aida Talliente
Presentazione AISHA (pdf)
Curriculum Vitae di Aida Talliente
PRESENTAZIONE E DESCRIZIONE DEL PROGETTO ( L’inizio del Viaggio)
Il progetto “Aisha” nasce da una storia vera. Il racconto è dedicato a una ex ragazza soldato che vive tuttora in Costa d’Avorio. Ho conosciuto la storia di Aisha attraverso l’esperienza dell’operatrice umanitaria Lisa Candotti che lavora in Africa con le ragazze vittime della guerra.
Purtroppo non ho ancora conosciuto di persona la realtà della Costa d’Avorio e non conosco nemmeno Aisha. Ho avuto però la fortuna di lavorare in un altro stato dell’Africa, il Malawy, dove in alcuni villaggi ho fatto degli spettacoli di informazione sull’HIV assieme ad altri attori e compagni di viaggio.
Credo dunque profondamente che, nonostante le differenze esistenti tra uno Stato e l’altro, l’Africa sia un’unica grande terra mossa dalle stesse energie e dalle stesse dinamiche; viva e tormentata ovunque. E questo mondo non può non essere cantato e mostrato da una donna, una giovane madre, Aisha, che si fa portavoce di sentimenti universali e che, come tutte le donne, “sostiene più di metà del cielo”.
Dall’Africa si torna più vecchi. Io sono tornata più vecchia di almeno dieci anni. E’ stato come viaggiare nel tempo e, ancora adesso, sento sempre più forte e necessaria la responsabilità di dar voce a ciò che ho visto e sentito e di raccontare della gente che ho incontrato, per tener viva in me (e non solo in me) la loro memoria.
Questo e ciò che mi è stato chiesto e dunque credo che anche una formula di racconto così semplice (e ciò non significa facile), sia uno strumento di resistenza e di lotta molto importante. Nonostante all’interno della storia ci siano momenti divertenti e leggeri, ciò che viene raccontato, è un realtà drammatica e amara.
Noi tutti siamo l’insieme delle persone che incontriamo lungo la vita e, con gli anni, il nostro corpo si trasforma in una mappa. Diventiamo tutti portatori più o meno coscienti di situazioni universali; portatori di vita e morte, di anime frammentate, di corpi che danzando e cantando riescono a trasformare la realtà in cui giacciono. Portatori anche di rabbia e paura, di guarigione, di spiritualità, di amore, di umanità in tutte le sue svariate forme. In Malawy vi è un detto: ”Quona maso ‘ncono ‘ncudeca”, ”ci vuole pazienza per guardare negli occhi della lumaca”, significa che ogni cosa, anche la più straordinaria, viene fatta partendo dal basso, lentamente, con pazienza.
SCHEDA ARTISTICA ( La Storia )
Il “gioco” inventato per questo progetto ha origine, in realtà, dal desiderio di elaborare uno studio sulla figura di Medea intesa come archetipo: donna sapiente che viene strappata e sradicata dalla sua terra concreta e mitica, per essere portata in un luogo senza centralità e umanità ( dove sembra impossibile ripristinare un legame profondo e sacro con la natura divina) ed esserne, poi, bandita. Medea viene messa ai margini di una società che non la accetta perché diversa, estranea e quindi pericolosa e perché porta con sé le conoscenze di una terra ancora viva e vibrante, che non possono essere comprese da gente che non possiede la stessa ricchezza umana e spirituale. Medea si muove dunque tra la sua “follia”, il suo parlare solitario senza interlocutori, le sue paure, la rabbia per la perdita dell’amore, il suo tormento spirituale, le bestemmie e le preghiere continue. Stringe al petto dei figli ancora troppo piccoli per poter sostenere tanta complessità e che durante la storia passano in secondo piano. Solo alla fine diventano il mezzo e lo strumento per rovesciare tutto: una vendetta, una salvezza, una purificazione, una liberazione. Immagino questa Medea (che qui chiamo Aisha) immersa in un deserto di carta stracciata, di macerie, di solitudine, di sabbia, di parole, di immondizia. Le sue ossa nascono da questo mare di niente, rattrappite e sporche come quelle di chi sta da giorni rintanato in un buco sotto terra o sulle rive abbandonate (Studio su Medea di H.Muller). Da questo “niente sporco”, nasce tutta la sua storia, compresi gli elementi, gli oggetti che “usa” per raccontarla. Tutto emerge da questa immondizia cartacea. Lei stessa nasce da questa immondizia, come una venere nuda del sudiciume. Raccontando la sua storia, Aisha si muove e si ricava delle strade in mezzo alla carta. Si costruisce uno “spazio di vita”circolare, come fosse il cerchio che si forma durante le cerimonie o le feste. All’interno di questo cerchio esplode la storia (attraverso passi di danza rituale legati alla terra e attraverso i canti sacri africani), tutta raccontata ad una piccola “bambola-figlia” costruita con l’immondizia e la carta straccia che ricopre l’intero spazio. Le due “donne”, la madre e la figlia, cominciano un viaggio attraverso i ricordi a tratti divertenti e comici, a tratti profondamente duri e concreti. Si crea magicamente e misteriosamente un sogno, in questo spazio desolato, dove nessuno può rispondere, aiutare o consolare. Vi è solo un unico punto di sfogo: il cielo con le sue nuvole che distraggono e commuovono (Il vangelo secondo Gesù Cristo di J.Saramago) e con i suoi dei (Medea di P.P.Pasolini) a volte colpevoli, a volte indifferenti, a volte compassionevoli. La storia-favola che Aisha racconta, assume la forma di un gioco costruito per se stessa, per ritrovarsi, per continuare a sperare, per ripercorrere i propri ricordi e potersene poi liberare, scrollandoli dalle ossa e dagli occhi e per rimettere insieme i propri pezzi, i propri frammenti, le macerie. E per avere una rinascita è necessario arrivare ad una morte, come un cerchio che si chiude e che poi si riapre. In Pasolini, Medea, alla fine della storia, con infinito amore (nonostante sia difficile pensare che sia così), addormenta i suoi due figli e li uccide solo quando essi dormono profondamente, per non farli soffrire, per non far sentire loro alcun dolore. Il loro sacrificio non è solo una vendetta contro Giasone ma è un modo per salvarli da un futuro privo di grazia e sapere e da un luogo malato senza principi e tradizione, senza unione spirituale senza nulla. Brucia i loro corpi forse per purificarli, per liberare le anime, per liberare l’odio e la rabbia. Compie una vendetta, non da genitrice e carnefice come in Euripide, ma con una lucidità e una consapevolezza che fa pensare di più a un tentativo di salvezza e preservazione dei figli. Un atto che può compiere forse solo una madre-donna-sacerdotessa (Medea di C.Wolf) nata in terre come la Colchide dove le usanze sono così primordiali da risultare incomprensibili e giudicabili come barbare. Aisha perde questa iniziale lucidità e compie l’infanticidio da assassina, distruggendo la bambola di carta e liberando il senso di rabbia e desolazione che la sua terra, ormai distrutta e spaccata da tempo, le marchia addosso. Crescendo in mezzo alla violenza, prima o poi si arriva a compierla. Non si è più soltanto vittime ma anche complici e carnefici, fino ad arrivare a non sentire più niente. Ma per Aisha c’è una salvezza alla fine. C’è un percorso che la porta a liberarsi della rabbia, ad aprire le braccia e aspettare che qualcosa accada e a ritrovare un contatto diretto con il cielo e la terra, con la “natura naturale” che la circonda.
Riapre gli occhi e poiché si è trattato solo di un “gioco”, finalmente può respirare, sorridere, costruire una nuova “bambola-figlia”, rassicurandola che, nonostante la realtà che le circonda sia così difficile, finché c’è luce e respiro e “fresco d’acque dolci”, si è ancora vivi e si può e si deve vivere.
I TESTI E GLI AUTORI DI RIFERIMENTO
“Poesie”di J. Prévert – “Medea”di P.P.Pasolini – “Materiale per Medea”di H.Muller – “Il vangeli secondo Gesù Cristo”di J.Saramago – “Lettera contro la guerra”di A.Einstein – “Medea”di C.Wolf - “La spiritualità del corpo”di A.Lowen – “Parole in cammino”di A.Galeano – “Donne che corrono coi lupi”di C.P.Estès e vari testi sulle fiabe della Costa d’Avorio, sulla situazione politica in Costa d’Avorio e altro materiale tecnico.
METODOLOGIA DI LAVORO ( Note di regia )
L’INIZIO di questo lungo Studio è avvenuto più di un anno fa ed è in continuo mutamento e continua elaborazione. Ogni volta che raggiungo un risultato so che a distanza di poco tempo si aggiungeranno altri particolari e altri elementi. Per “Aisha”, la scelta di prendere una figura archetipo come Medea è stata fondamentale. Da lì è nato tutto, tutto quello su cui sto lavorando da circa due anni. L’immersione in questa figura è costante e profonda. A questo lavoro non posso non unire tutto quello che ho appreso in questi anni di lavoro in Italia e durante i lunghi viaggi fatti, dove mi sono ritrovata a fare spettacoli in situazioni molto particolari, complesse e a volte estreme (tra gli indios Guarnì-Kaiowà del Brasile, tra il popolo Cewa del Malawy, tra i danzatori di Bali). E’una grande fortuna poter andare a cercare della “materia” , del “succo”, in luoghi pieni di cultura e tradizioni vive, perché aiuta a sentire e ad alimentare una verità personale da raccontare agli altri e nutre la costante (a volte ossessiva) elaborazione del materiale che serve a questo “mestiere”.
IL TESTO di Pasolini e tutti gli altri scritti raccolti, sono un ottimo materiale di studio per chiarirmi ogni volta i vari obbiettivi di questo lavoro e per riassestare il testo che nasce di volta in volta dal lavoro fisico nello spazio suddiviso in frammenti di situazioni che per comodità chiamo “ayku”. Mi rendo conto di quanto sia complesso tradurre in parola la voce che viene data al sentimento, durante il “training-viaggio” personale . Volutamente, nella parte iniziale del racconto e nel finale, viene riportato un frammento della Medea di Pasolini che mi ha permesso di poter lavorare sul discorso sacro e spirituale. Anche J.Saramago ha portato luce su alcuni punti del testo. Il resto è un gioco, un continuo grammelot di lingua francese (parlata in Costa d’Avorio), di lingua swaili, di suoni e versi della lingua italiana masticata e articolata in una cantilena africana.
IL TRAINING comprende ovviamente l’elaborazione di vari elementi e materiali: un intenso lavoro fisico sulle azioni, sulle danze apprese in Africa, sull’uso degli oggetti di scena, sui cambi di ritmo ed energia e improvvisazione sui canti africani e non, sulla lingua, sull’ elaborazione di alcuni movimenti delle maschere balinesi e una minuziosa “partiturizzazione” dei movimenti e dei quadri che compongono lo Studio. Lavoro anche con la telecamera poiché non è sempre possibile avere accanto un occhio esterno. Dato che il lavoro viene portato avanti esclusivamente da me, per scrivere una drammaturgia in scena, non mi basta rivedere soltanto gli appunti scritti ma ho bisogno anche di rivedere attentamente le varie sequenze create. Il cammino è intenso ma dopo tanto lavoro comincio ad essere a buon punto, perciò proseguo decisa e attenta passo dopo passo.
LE COLLABORAZIONI
Lo spettacolo è patrocinato da Amnesty International Italia, ma non riceve finanziamenti di nessun genere da nessuna associazione o ente pubblico o privato.
“Aisha (un frammento d’Africa)” sostiene il progetto “Ripartire” per l’avvio al lavoro di adolescenti e donne della Costa d’Avorio, gestito da Lisa Candotti e Michèle Ouattara.
vedi articoli correlati:
articolo Messaggero Veneto 9 ottobre 2008
articolo Messaggero Veneto 12 ottobre 2008
articolo Il Gazzettino di Pordenone 12 ottobre 2008
ultimo aggiornamento 05 - 02 - 2010
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