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rassegna dal 22 febbraio al 2 marzo
venerdì 22 febbraio / ore 22:00
Scaramanouche / concerto
Lucio Villani, contrabbasso e voce / Alessandro
Russo, chitarra / Leonardo Spinedi,
violino / Egidio Marchitelli, chitarra
Swing Quartetto, venti corde al servizio
dello Swing! Quartetto in partenza da Roma, attraversa gli
eleganti anni '30 passando nel frattempo da : swing, musica
dei balcani, canzoni melodiche, cafè chantant, rivisitazioni,
rock, musica romanesca. Scaramanouche Swing Quartetto unisce,
in ogni concerto, musica e umorismo delirante.
sabato 23, domenica 24 e lunedi 25 febbraio / ore 21:00
Edzi Re
[Ygramul LeMilleMolte]
con Monica Crotti, Massimo Cusato, Paolo Parente,
Antonio Sinisi
musica dal vivo Daniele Pittacci
scenografie Fiammetta Mandich, Vania Castelfranchi
regia patafisica Vania Castelfranchi
Spettacolo di Terzo Teatro, Manifesto della
ricerca e dell’agire di Ygramul LeMilleMolte. Una complessa
cucitura drammaturgica, che echeggia tra i testi dell’ "Ubu
Roi" di A. Jarry (1896), l’ "Edipo Re" di Sofocle
(430 a.C. circa), un’ampia bibliografia di testi sull’AIDS
e gli scritti originali dei componenti del Gruppo, nel tentativo
di narrare l’Africa del Malawi .
www.ygramul.net
domenica 24 febbraio / ore 16:00
II Laboratorio sul Gioco di Ruolo
Secondo incontro per un percorso, che si
protrarrà nell'arco di vari mesi al Teatro Ygramul, incentrato
sullo studio dei Giochi di Ruolo. Negli incontri si svilupperanno
dibattiti teorici sulla Pedagogia Ludica, sulla Storia del
Gioco di Ruolo e di Narrazione, e lezioni sulle metodologie
di Gioco e la loro potenzialità creativa e d'interconnessione
con Cinema, Musica e Teatro. Inoltre prenderanno vita Partite
e Campagne di Gioco di Narrazione che compenseranno l'aspetto
teorico del Percorso, sperimentando al tavolo le diverse tematichre
sviluppate in Conferenza e producendo, ad ogni incontro, un
Reale Gruppo Laboratoriale che sviluppi gli aspetti cinematografici,
teatrali e pedagogici del GdR e del GdN. Nasceranno dai vari
incontri bozze di Scenegiatura, spunti per Training teatrali,
soggetti per la scrittura, ecc... materiali di opera comune
a disposizione della Creativita' del Laboratorio.
martedì 26 e mercoledi 27 febbraio / ore 21:00
Come i Kamikaze
[Gruppo Baku]
testo e regia Simone Guerro
con Margherita Galla, Simone Guerro, Nicola Paccagnini,
Lucia Palozzi, Sante Paolacci
scenografia Ilaria Sebastianelli
musiche originali Nicola Paccagnani
tecnico audio e luci Alessio Pacci
“Come i Kamikaze” nasce per stimolare una
riflessione nei confronti della società del qualunquismo,
del consumo indispensabile, dell’assenza di una coscienza
critica che può portare seri disturbi nell’identità degli
individui fino a fargli compiere, a volte, disperati atti
estremi. Per far questo abbiamo voluto produrre un parallelo
tra la condizione sociale e politica di territori come quello
palestinese, che porta alle azioni estreme dei kamikaze, e
la nostra società.
Entrambe sfruttano la fragilità dell’essere umano per imporre
un modello culturale (politico, religioso, etico, morale,
economico, ecc..) che viene percepito da questi uomini come
verità assoluta. Come ha scritto Khaled Fouad Allam nel suo
“Lettera a un kamikaze”, essendo lo stato di cecità dell’uomo
anche assenza di consapevolezza, l’uomo può vivere nella presunzione
assoluta di possedere la verità e di imporla al mondo intero:
di qui nascono le violenze più atroci del nostro tempo, come
i totalitarismi. Oggi nasce anche il terrorismo, che è innanzitutto
terrorismo dell’anima. Solo quando l’uomo acquista la consapevolezza
della sua cecità può essere salvato.
In “Come i Kamikaze” questo parallelo viene
affrontato su due livelli, due modi di vedere lo stesso problema.
Il primo livello è comico grottesco: due kamikaze cercano
di fare esplodere il teatro la sera stessa dello spettacolo.
Il teatro deve saltare in aria in quanto è un posto sovversivo,
c’è il rischio di contrarre la malattia più pericolosa del
secolo: il Pensiero, che è stato debellato quasi completamente
dalla società e sopravvive a volte solo in questo luogo rivoluzionario,
il teatro appunto. Il secondo livello è proprio quello dei
due monologhi dove si presentano due personaggi che sulla
propria pelle vivono queste logiche estreme dettate dall’assenza
di coscienza, due persone la cui fragilità e cecità impediscono
di percepire la speranza, negandosi la salvezza e trovando
la morte (come i kamikaze). I veri episodi di un’ ipotetica
(?) società costituita interamente da kamikaze che prendono
vita in questo spettacolo, dove l’unica possibilità di salvarsi
sarà nel prendere coscienza, ovvero nell’iniziare a pensare.
giovedi 28 febbraio / ore 21:00
Lumicino
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omaggio a Ghassan Kanafaani
uno spettacolo di teatro
di racconto di Giovanna Conforto e
Conny Gambardella
regia Conny Gambardella e Giovanna
Conforto
musiche dal vivo di Alexander Caric
(Zar)
elementi di scena Loredana Paglioni
foto Rosario Greco
La storia di una giovane principessa a cui il padre
morendo lascia un compito che sembra impossibile da
portare avanti…una favola illuminata dalla speranza
di un mondo migliore per tutti
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“Lumicino, una favola palestinese” racconta
la saga di una dinastia di re fino all’incoronazione di una
giovane donna che cambierà il destino del suo regno. Lo spettacolo
è in forma di racconto ma al suo interno si alternano tante
storie di tanti personaggi tutti interpretati da Giovanna
Conforto e musicati da Zar.
Lumicino è una favola e come tale ne conserva i toni leggeri
ma come non vedere dietro “l’alto muro” della storia quello
tristemente noto della cronaca dei nostri tempi? Come tutte
le favole anche questa è una metafora del mondo ma il lieto
fine del racconto per la Palestina è ancora solo una speranza…
L’idea di questo lavoro ci è venuta in seguito ad un laboratorio
teatrale che si è svolto a Betlemme nell’ agosto del 2003
con bambini duramente colpiti da un drammatico vissuto quotidiano
accolti dal “Children’s Cultural Center”
Il punto di partenza è stata la favola “The little lamp” di
Ghassan Kanafaani , autore palestinese, assassinato insieme
alla nipote bambina a Beirut nel 1972. La drammaturgia è originale
e frutto di una ricerca su favole da tutto il mondo e in particolare
palestinesi e della nostra fantasia.
Questo lavoro è dedicato a Ghassan Kanafaani e a tutti coloro
che lottano per la propria terra portando luce.
Una parte dei proventi di questo progetto saranno devoluti
al “Children’s Cultural Center” di Betlemme.
venerdi 29 febbraio e sabato 1 marzo / ore 21:00
La Spallata
[Biancofango]
liberamente ispirato a uno fra i "Ricordi del sottosuolo"
di F. Dostoevskij
drammaturgia e regia Andrea Trapani e Francesca
Macrì
con Andrea Trapani e Lorenzo Acquaviva
Due uomini si incrociano. Si guardano, si
notano. Uno di loro sarà ossessionato da quello sguardo e
con estrema difficoltà se ne libererà. L’altro ci passerà
sopra. Come un’inezia. Una nullità. Non tutti gli occhi dipingono
quadri. Talvolta guardare può voler dire sorvolare. Due uomini,
dunque, si incrociano. Si guardano e si notano nei pressi
di un trampolino di una piscina molto nota. Quasi fashion,
potremmo dire. Uno si butterà, con grazia leggendaria e sfrontatezza
da brividi. Si esibirà in una serie di piroette, indici di
una abilità che va ben oltre l’atletismo. L’altro, incapace
di buttarsi, straziato da un vuoto che riesce a percepire
solo per sentito dire, guarda alla ricerca di un coraggio
che non arriva mai. I due non si parlano. Eppure comunicano.
Non si conoscono. Eppure i loro gesti parlano fra loro. Forniscono
nomi e cognomi. Non dovrebbero vedersi più. Non avrebbero
dovuto vedersi mai. Invece, scatta l’ ossessione, l’incubo,
lo squilibrio mentale forse. Uno cammina e l’altro insegue,
col desiderio catartico e mai realizzato di essere anche lui,
una volta tanto, inseguito, invidiato e stimato. Così, nella
riscrittura e nel lavoro sulla scena, abbiamo immaginato il
Sottosuolo e l’Ufficiale di Dostoevskij. Due luoghi li caratterizzano:
la piscina, il luogo dell’antefatto, dello scatenamento dell’ossessione,
e la strada. Vittima e carnefice di se stesso, il Sottosuolo,
oltremodo attratto dalla figura dell’Ufficiale, che neppure
si accorge della sua esistenza, si lancerà in un inseguimento
donchisciottesco. Incapace di trovare una modalità di relazione,
si ritroverà a marcarlo ad uomo e a spiare, da dietro le sue
spalle, ogni suo singolo movimento alla ricerca di un espediente
che abbia i contorni della vendetta. Soffocato dal ricordo
di quel tuffo mai realizzato, il sottosuolo escogita una vendetta
da one man show: la spallata. Cerca dunque, sulla strada,
di essere come l’Ufficiale, come gli altri. E, camminando,
di affrontare di petto, anzi di spalla, il suo disagio, la
sua esclusione. Nel tentativo sfrenato di ottenere autorevolezza
o, alla peggio, autorità.
Tenta disperatamente. Ma tentare non è essere. La strada è
il momento del passeggio, della vita che scorre, dei passanti
che la abitano e che la posseggono anche se solo per un pomeriggio.
Due linee bianche parallele la delimitano. Dentro di esse
significa essere in un quadro, un quadro di persone che hanno
fretta, che fanno compere, che mangiano un gelato, che guardano
seduti su una panchina… un quadro di persone che vanno e vengono,
ma raramente si fermano. Fuori dalla strada c’è tutto un altro
mondo, oltrepassata la linea bianca ci sono i negozi dove
far compere di giorno, ci sono le case delle persone che illuminano
dalle loro finestre la strada anche di notte, e di notte,
superata la strada, ci sono le puttane, le donne di tutti,
anche di
quelli che non riescono ad averne una. Il Sottosuolo non abita
nessun posto. Non è sulla strada. Non è fuori dalla strada.
Le luci dei lampioni ci sembra che di notte lo illuminino
come un’anomalia, la più grottesca, indecente e bizzarra anomalia.
domenica 2 marzo / ore 21:00
Groppi d'Amore nella Scuraglia
tratto dall’omonimo romanzo di Tiziano Scarpa
prodotto dal Teatro Stabile di Grosseto
regia Emanuele Arrigazzi
con Emanuele Arrigazzi e Roberto
Bellatalla
dramaturgia Allegra de Mandato
Una storia, prima di tutto una storia che
è come i miti antichi, senza tempo eppure piena di attualità.
Tocca sentimenti e personaggi a noi vicini e contemporanei
ma in una realtà che è quella campagna in qualche modo fuori
dal tempo e poi all’improvviso immersa nell’oggi. Una favola
che come tutte le favole è crudele ma non cinica. Un solo
attore, tanti personaggi, una lingua che inventa un dialetto.A
partire dal romanzo di Tiziano Scarpa si rivisita la storia
tragi-comica più che altro malinconica e a tratti amara di
Scatorchio che per fare dispetto al suo rivale in amore aiuta
il sindaco a trasformare il paese in una discarica, salvo
perdere a questo punto paese e amore, come in un vero e proprio
viaggio di un eroe inizia a questo punto l’epopea di un antieroe.
Un racconto che affronta temi di carattere sociale e civile
come la lotta ai potenti corrotti, l'inquinamento e la precarietà,
anche nei sentimenti ma lo fa in modo quasi “rivoluzionario”
non affrontando frontalmente gli argomenti ma trasformando
provocatoriamente la denuncia in favola, il risultato non
cambia : il pubblico ride, piange e s'indigna con Scatorchio
e alla fine dovrebbe alzarsi con la consapevolezza che al
di là del tempo e della dimensione “il re è ancora una volta
nudo.”La ricerca parte dalla narrazione ma insegue un’atmosfera
l’attore si trasforma nei personaggi che racconta, un’ unica
faccia riesce a far rivivere tutti i personaggi, a partire
dal punto di vista del protagonista saranno evocati e li sentiremo
parlare, li intuiremo ma senza vederli mai, mostrati per intuizioni
attraverso l’interazione tra attore e musicista che diventa
con il suo strumento che suggerisce, sottolinea, si scontra
e dirige, ma è complice e spettatore, protagonista e pubblico.La
bellezza dei perdenti, come la definiva leonard cohen, una
storia piena di sconfitte e di solitudine ma ridicola e crudele,
agrodolce come la nostra vita. È la campagna di Groppi d’amore,
delle notti “nottose” nel fienile, ma anche di letame e strade
rovinate come spesso vediamo le nostre città. Una dimensione
onirica che ha in sé il sogno e l'incubo ma dove la realtà
non é imitata ma fatta rivivere, nuda.I luoghi sono scritti
e raccontati per essere ovunque la lingua di Scatorchio che
potrebbe sembrare un dialetto meridionale é senza identità
di luogo e tempo, é davvero come in una sorta di gramelot
la lingua che nasce dal personaggio, Scatorchio é anche la
sua lingua: malinconica, comica, grottesca e poetica ma allo
stesso tempo cruda e onomatopeica, ricrea i suoni e le sensazioni,
carne e sangue, ha vita propria.La lingua e la campagna che
vanno oltre l'omologazione della lingua televisiva alla ricerca
di modi e sentimenti arcaici che per dirla come Pasolini sempre
più ci rende uguali a come ci vogliono, Scatorchio è la parte
ancora vergine ed istintuale degli italiani ma fino a quando
può sopravvivere?
Ingresso ad ogni serata
5 euro + tessera associativa annuale (3 euro)
Per informazioni e prenotazioni: info@ygramul.net
/ 331 4703950
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